Bollette beffa: a 30 giorni, ma con aumenti. Che fare?

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Bollette: si torna a 30 giorni, ma le fatture sono più care. Ecco che fare e come chiedere i rimborsi

Dal trucchetto della fatturazione a 28 giorni alla beffa delle bollette a 30 giorni il passo è stato breve. Lo avevamo già preannunciato in: “Bollette a 30 giorni, ma più care: ecco l’inganno.” Ecco cosa è successo: la legge ha detto no alle bollette a 28 giorni, imponendo il ritorno alla fatturazione a 30 giorni. Ma … fatta la legge trovato l’inganno: d’ora in poi le bollette saranno 12 all’anno, ma più care per coprire i costi della 13esima. Tutto ciò si traduce in una vera e propria beffa per gli utenti, che continueranno a vedere svuotate le proprie tasche per arricchire quelle delle compagnie telefoniche. In sintesi: vero è che le bollette saranno a 30 giorni, anziché 28. Il tutto però si traduce in una vittoria di Pirro, in una sorta di presa in giro, ciò in quanto le bollette a 30 giorni saranno comunque più care. E allora che fare? Scopriamolo insieme.

Il trucchetto delle bollette a 28 giorni

Uno dei temi più dibattuti di quest’ultimo periodo è stato sicuramente quello concernente la fatturazione a 28 giorni. Stiamo parlando del famosissimo “trucchetto” ideato da molte compagnie telefoniche (tra cui Tim, Wind, Tre, Vodafone e Fastweb e anche dalla pay tv Sky) per lucrare ai danni degli utenti, che – del tutto ignari – hanno contribuito a gonfiare le tasche delle aziende telefoniche svuotando le proprie. Questa pratica è stata dichiarata illegittima, anche se non è stato facile metterla al bando. Sul punto, infatti, è dovuta intervenire dapprima l’Agcom (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) [1] ed in seguito anche il Governo [2]. Solo così si è potuta porre la parola «fine» a quello che, per lungo tempo, ha rappresentato un vero e proprio inganno. Ed infatti, pagare una bolletta telefonica ogni 28 giorni anziché con cadenza mensile ha rappresentato per molto tempo la normalità ed è parso quasi indifferente per gli utenti. In realtà – calcolatrice alla mano – così facendo, ogni utente ha letteralmente regalato ogni anno alla propria compagnia telefonica il pagamento di una bolletta non dovuta. Pagare una bolletta telefonica ogni 28 giorni anziché con cadenza mensile, a conti fatti, significa pagarne 13 e non 12 in un anno. Tradotto in denaro: il rincaro per il cittadino si aggira intorno all’8,6% in più ogni anno, mentre l’illegittimo guadagno per la compagnia telefonica corrisponde ad una vera e propria tredicesima.

Siamo quindi al colmo: se non tutti i lavoratori (purtroppo) percepiscono una tredicesima, al contrario tutte le compagnie telefoniche (o almeno le più importanti) si sono letteralmente accaparrate per molto tempo questo diritto. Si tratta, a ben vedere, di una tredicesima al contrario (e dunque ancora più assurda), atteso che in questo caso non è erogata dal datore di lavoro, ma dal consumatore.

La beffa delle bollette a 30 giorni

La nuova legge, tuttavia, non ha fatto nemmeno in tempo a vedere la luce che già è stata aggirata. Spieghiamo perché.

La Tim, compagnia telefonica con la fetta di mercato più grossa, ha anticipato il termine di 120 giorni fissato dalla legge per tornare ai pagamenti mensili premurandosi anche di inviare un lettera ai propri utenti. La lettera, giunta in un primo momento solo ai clienti business e poi a tutti gli utenti, contiene un vero e proprio “inganno”. Anticipando lo stop previsto per legge, infatti, Tim annuncia che – a partire dal 1° gennaio 2018 – si torna a pagare su base mensile (bimestralmente, nel caso di specie) e «tale modifica non comporterà alcuna modifica della sua spesa annuale, ma si sostanzierà nella riduzione del numero di Canoni e Contributi addebitati in un anno (da 13 a 12)». Detta in soldoni: vero è che le fatture saranno 12 e non più 13, ma la spesa dell’utente non cambierà, il che – tradotto – significa che le 12 bollette saranno più care per coprire i costi della tredicesima.s leo.

Il seguito della lettera, infatti, rivela l’inghippo: «Per effetto della divisione della spesa annuale per 12 anziché per 13 l’importo di ciascun Canone risulterà maggiorato dell’8,6%». Un aumento che, guarda caso, coincide con quello incamerato con l’introduzione delle odiate bollette a 28 giorni e di cui abbiamo parlato poc’anzi nel presente articolo.

La Tim, dunque, formalmente rispetterà la legge, ma sostanzialmente continuerà a lucrare sulle tasche dei propri utenti, per i quali nulla cambia a livello di spesa. Aggirando la norma, infatti, viene reso stabile l’aumento ottenuto con l’introduzione delle bollette a 28 giorni. Con un peggioramento: la stessa cifra che prima l’utente pagava in 13 «rate», ora la pagherà in 12.

Identico discorso vale per la Vodafone:

Sul punto è bene sapere che la bollettazione a 28 giorni era stata adottata non solo da Tim e Vodafone, ma anche da Wind, Tre, Fastweb e Sky. Il decreto varato dal governo dava 120 giorni di tempo alle compagnie per adeguarsi (quindi fino a marzo 2018). Sta di fatto che, però, secondo quanto dimostrato salvo ripensamenti dell’ultim’ora, la legge si rivela aggirabile con molta facilità.

Bollette a 30 giorni, ma più care: che fare?

Resta fermo il diritto degli utenti di chiedere ed ottenere il rimborso di quando indebitamente versato nel tempo e di quanto pagato in eccedenza.  Come già detto nel nostro articolo “Bollette a 28 giorni: via ai rimborsi”,  le compagnie telefoniche devono restituire le somme indebitamente percepite da parte dagli utenti in caso di violazione dell’obbligo di cadenza mensile, con l’obbligo per l’operatore di pagare al consumatore interessato dalla illegittima fatturazione un indennizzo forfettario, non inferiore a 50 euro. Non solo: l’indennizzo sarà maggiorato di 1 euro per ogni giorno di fatturazione illegittima ed è prevista, altresì, la corresponsione degli interessi maturati sulle somme ingiustamente versate.

Bollette a 30 giorni: disdetta e rimborso

Sul punto, inoltre, è bene sapere che le decisioni delle compagnie telefoniche (di diminuire le bollette rendendole al contempo più care) sono già state impugnate dal Codacons innanzi all’Antitrust, con un esposto. Ma nel frattempo che l’Autorità Garante decida, gli utenti si chiedono se un comportamento del genere sia legittimo. E allora vediamo cosa legge prevede la legge.

Agli operatori è sempre consentito procedere a una modifica unilaterale delle proprie condizioni contrattuali, anche nel corso di un rapporto già in essere con il proprio cliente. Il Codice delle comunicazioni elettroniche [3] impone però agli operatori l’obbligo di comunicare le modifiche intervenute con preavviso di almeno 30 giorni rispetto alla loro entrata in vigore. E di informare contestualmente l’utente della possibilità di recedere dal contratto, o passare ad altro operatore, senza penali né costi di disattivazione. In quest’ultimo caso, l’utente – entro 30 giorni dall’avviso ricevuto – dovrà comunicare la volontà di non aderire alle modifiche proposte, utilizzando le forme previste nel contratto per la comunicazione del recesso.

L’utente quindi ha sempre l’ultima scelta: quella della disdetta. Il punto, però, è che la scelta non è più tale se tutte le società dovessero muoversi di nuovo all’unisono, con un cartello.

Quanto al rimborso di quanto illegittimamente pagato si hanno due possibilità:

  • rivolgersi ai Co.re.com, ossia i comitati regionali per le comunicazioni. Si tratta di organi funzionali all’Agcom, che hanno il compito di tentare una conciliazione nelle controversie in materia di telecomunicazioni tra utenti e operatori;

  • inviare direttamente un reclamo alla propria compagnia telefonica con richiesta di rimborso di quanto versato in eccedenza.

 

Note:

[1] Delibera n. 121/17/Cons del 15.03.2017.

[2] Cfr. D.l. n. 148/2017. La conversione in legge del decreto fiscale, infatti, ha definitivamente bloccato la fatturazione a 28 giorni per le compagnie telefoniche, ristabilendo le scadenze mensili o per multipli di mese.

[3] Art. 70, comma 4, del Codice delle comunicazioni elettroniche (Dlgs 259/2003).

Fonte: www.laleggepertutti.it

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